ATRIUM ANIMAE

interviews

home > interviews > ondarock_interview

[ENGLISH]

INTERVIEW: ATRIUM ANIMAE "TRASCENDENZE DARK-WAVE"
ONDAROCK WEBZINE [OCTOBER 2012]
2012 | OCTOBER

Ondarock October 2012

| View on Ondarock

 

Atrium Animae: "Trascendenze dark-wave"
Interview by Matteo Meda

 

 

Fra le proposte di casa Projekt, l'ultimo astro nascente porta le firme degli italiani Alessia Cicala e Massimiliano Picconi, ovvero gli Atrium Animae. Capaci di approdare con coraggio presso l'importante label di Sam Rosenthal prima ancora di debuttare, hanno pubblicato l'anno scorso il loro primo parto, il meraviglioso "Dies Irae" che li ha lanciati come vere nuove star dell'intera scena dark-wave. I due ci hanno gentilmente concesso un'intervista web, in cui raccontano la loro fortunata e ancor breve storia, oltre ad approfondire le coordinate della loro musica e a esporre il loro punto di vista sul dark odierno.

 

 

Cominciamo dalla fine. Vi aspettavate di arrivare, nel 2012 e dopo un solo album, ad essere considerati una delle realtà più importanti dell'intera scena gotico-dark?

 

In realtà non ci aspettavamo tutto questo interesse, non siamo esattamente due persone che amano le lusinghe. Anzi, siamo anche troppo autocritici. Sinceramente eravamo consci di aver fatto un buon lavoro, lungo e travagliato. Non ci siamo voluti accontentare e abbiamo cercato di dare un taglio assolutamente personale. E siamo felici di tutte le bellissime recensioni e dei riconoscimenti avuti.

 

 

Impresa riuscita in precedenza a ben poche band italiane, tra cui Ataraxia, All My Faith Lost... e Spiritual Front. C'è una di queste band, o una realtà d'origine italiana, la cui opera ha avuto particolare impatto sul vostro stile?

 

ALESSIA: Ho ascoltato gli Ataraxia sin dai loro esordi e devo ammettere che non conosco le loro ultime cose. Onestamente non credo che nessuna di queste validissime band abbia avuto un impatto col nostro modo di esprimerci.
MASSIMILIANO: Concordo con Alessia. Il panorama italiano presenta alcune realtà degne di nota, ma non credo che abbiano influenzato la nostra musica.

 

 

Più in generale, quali sono i principali modelli che ispirano la vostra musica?

 

Crediamo che la nostra musica non sia altro che la sintesi di tutti i nostri ascolti filtrata dalla nostra sensibilità e dal nostro modo di vedere le cose.

 

 

Torniamo un po' indietro, ora. Raccontateci un po' le principali tappe del vostro percorso, dalla vostra nascita alla composizione e uscita di "Dies Irae".

 

Ci siamo incontrati nel 2002 ma solo nel 2007 abbiamo deciso di iniziare un progetto musicale assieme. Da allora abbiamo continuato a lavorare ininterrottamente ai pezzi, fino alla fine del 2010. Non ci eravamo posti vincoli temporali, e i nostri punti di vista sul progetto, spesso discordanti, influenzarono pesantemente la composizione, l’arrangiamento e la struttura dei brani. Alla fine del 2010 abbiamo firmato per la Projekt. La versione digitale di “Dies Irae” è uscita nel mese di aprile 2011 sui principali store online, quali ad esempio iTunes e Amazon, mentre la versione su cd digipak è arrivata nei negozi nel mese giugno dello stesso anno.

 

 

Nel mezzo, un contratto con la Projekt, l'etichetta forse più importante dell'intera scena dark-wave. Come siete arrivati a ciò e che influenza ha avuto su di voi l'opera dei nomi storici della label, in particolare Black Tape For A Blue Girl e Arcana?

 

Nel 2010 abbiamo iniziato a inviare i demo di alcuni brani ad alcune label del settore, che hanno dimostrato interesse per la pubblicazione del disco. Tutto si è concretizzato alla fine del 2010 con la Projekt, ovvero l’etichetta più longeva e rappresentativa del panorama dark-wave internazionale, grazie anche alla mediazione di Darkroom Magazine (in particolare di Roberto Alessandro Filippozzi) che ha creduto fermamente nel nostro progetto musicale. Sam Rosenthal è rimasto impressionato dall’ascolto di alcuni nostri brani, e ci ha invitato a firmare un contratto con la sua etichetta. Oggi è estremamente attivo per quanto riguarda tutti gli aspetti legati alla promozione del nostro disco, siamo soddisfatti della qualità del suo lavoro. E inoltre abbiamo avuto il totale controllo su tutti gli aspetti legati al nostro progetto, cosa per noi fondamentale: abbiamo infatti curato personalmente ogni aspetto relativo al progetto, dalla musica (ovviamente), alle immagini e fotografie, all’artwork del cd, al sito web, ai video. Chiaramente siamo grandi estimatori dei Black Tape For A Blue Girl e degli Arcana, che seguiamo dai loro primi lavori. Probabilmente come genere noi siamo più vicini ai secondi, in quanto appartenenti allo stesso filone neoclassico, anche se la struttura dei nostri pezzi è differente.

 

 

Oltre a ciò, la vostra nota “devozione” per i Dead Can Dance.

 

M: Ovviamente, i Dead Can Dance sono stati, e sono ancora oggi, punto di riferimento per molti gruppi del filone dark, e non solo. Probabilmente “Within The Realm Of A Dying Sun” è da considerarsi il manifesto del genere neoclassico.

 

 

Tra l'altro ho letto anche che Massimiliano è il fondatore e curatore del loro sito web italiano!

 

M: Sì… ho creato www.dead-can-dance.com nel 2000; all’epoca era difficile reperire informazioni sul gruppo. Sono contento che sia ancora vivo a distanza di 12 anni e che venga considerato uno dei punti di riferimento sui DCD. E’ un sito molto complesso e completo, anche se non viene più aggiornato frequentemente, e contiene informazioni da fonti ufficiali e i testi con commenti e traduzioni in italiano.

 

 

Parliamo un po' del disco nello specifico. Quanto e come vi avete lavorato?

 

Abbiamo iniziato a lavorare ininterrottamente al disco dal 2007, e abbiamo concluso alla fine del 2010. E’ stato un processo molto lungo, dovuto essenzialmente a punti di vista differenti su molti aspetti del progetto e sulla visione dei temi trattati che, nonostante le nostre mutue affinità, hanno influenzato la composizione, la struttura e l’arrangiamento dei pezzi. Volevamo entrambi il totale controllo del processo creativo, e non avevamo posto vincoli temporali. Ancora oggi crediamo che questo dualismo abbia reso il disco unico. Tutto è stato accuratamente studiato. E crediamo che tutta la nostra cura e attenzione sia chiaramente percepibile dall’ascoltatore. Siamo soliti affrontare la composizione e la stesura di un pezzo attraverso una serie di passi nei quali le parti strumentali, spesso estremamente differenti tra loro, vengono inizialmente raccordate con le parti vocali. Da questa idea iniziale, si continua attraverso un processo di rifinitura nel quale le parti strumentali e le parti vocali vengono continuamente modificate fino al raggiungimento di uno stato accettato da entrambe le parti. E’ veramente un processo lungo perché i brani sono spesso composti da oltre 40 elementi differenti e con parti vocali estremamente complesse. A questo punto il pezzo viene temporaneamente lasciato in sospeso, e ci dedichiamo alla composizione di un nuovo brano o all’ascolto di altri brani precedentemente in stato di sospensione. In questa fase poniamo inoltre particolare cura ed attenzione al processo di raccordo tra le varie parti di ogni singolo brano e alle transizioni tra i brani. “Dies Irae” è stato voluto e concepito come concept album, e volevamo dare un senso di omogeneità all’intero disco. Alla fine possiamo affermare che tutti i brani hanno raggiunto la loro forma definitiva alla fine del 2010, anche se creati due o tre anni prima.

 

 

A mio parere, "Dies Irae" ancor più di molti altri è un lavoro pervaso di rimandi alla musica antica. La decisione di utilizzare il latino per i titoli dei brani ha come origine la volontà di veicolare anche in essi il fascino arcano che caratterizza i brani dal punto di vista musicale?

 

M: Abbiamo ripreso alcuni elementi tipici dei drammi liturgici cristiani medievali la cui esecuzione in latino veniva affidata ai chierici. Sono ricchi di elementi rappresentativi e simbolici e caratterizzati dall’equilibrio tra dialogo e musica come strumento di enfasi per gli elementi drammatici o scenici.
A: Ho cantato in latino fin da piccola, con il coro polifonico. E' una lingua così musicale ed evocativa… Per “Dies Irae” è stato istintivo cantare in latino, molto naturale: era il vestito giusto.

 

 

Qual è, secondo voi, il rapporto tra la suggestione e l'antico, grande protagonista del concept di molti artisti “dark”?

 

A: L’uomo ha da sempre avuto la necessità istintiva di dare un significato alla vita e alla morte, ai dolori e le gioie. Gli Dei, in tutte le loro forme, sono, secondo me, frutto di questa necessità. Dal mio punto di vista la suggestione nasce dal non voler accettare i fatti concreti che la vita ci offre, quasi a spostarli in un’altra stanza: magia, ipnotismo, guarigioni sono esempi di “spostamento”.

 

 

Nel vostro album, inoltre, mi pare di notare un'altra connessione tipica del mondo dark, quella con la spiritualità. Mi riferisco in particolare ai due brani “Psalmus”. Sarà probabilmente il tema trattato, la presenza di testi sacri o l’utilizzo della lingua latina.

 

In realtà “Dies Irae” rappresenta un mezzo e un tentativo di esorcizzare i nostri demoni. Non lo consideriamo assolutamente un disco sacro o prettamente spirituale. Ad esempio, i due salmi (Psalmus 57 e Psalmus 87) appartengono alla prima sezione del disco, nella quale sono descritte le miserie e le contraddizioni della condizione umana che, attraverso tormento e rabbia, sfociano poi nella richiesta di vendetta per i torti subiti, ma terminano con l’inevitabile negazione di qualunque manifestazione di segni e opere, il “Silenzio di Dio” tanto caro a Bergman.

 

 

Infine, vi sono tra le varie sfaccettature sonore anche dei richiami alla musica tradizionale della vostra terra d'origine, la Sardegna?

 

Non crediamo che ci siano evidenti richiami alla musica tradizionale sarda. Esiste però un collegamento con la nostra tradizione: il “Signum Iudicii”, noto anche come "Señal del Judici" o "Canto della Sibilla”, è un antico canto in lingua catalana ispirato al "Dies Irae". Le versioni musicali del “Cant de la Sibilla” sono numerose: dalla versione di Palma di Majorca del secolo XI, fino alle più recenti versioni di Jordi Savall o dell’Ensemble Ars Musicae de Barcelona (e alla successiva versione dei Dead Can Dance). Esistono anche versioni musicali di tale canto in Sardegna, e in particolare nella città di Alghero, a testimonianza dei profondi legami con la Catalogna. Per la nostra versione del “Signum Iudicii” avevamo inizialmente pensato di utilizzare testo e musica basati sul manoscritto dell'Archivio Capitolare di Alghero datato 1820, ma alla fine abbiamo preferito creare musiche originali, come per tutti i brani del disco. Per continuità stilistica abbiamo poi deciso di utilizzare come testo la versione in latino del “Signum Iudicii” tratto dal XVIII libro del “De Civitate Dei” di Sant’Agostino, e non il testo in catalano.

 

 

Gran parte delle critiche al genere dark si basano sull'argomentazione che molti suoi esponenti si limitino a seguire dei cliché fissi senza mai fuoriuscirne. Personalmente, trovo che sia l'esatto contrario: non mi sembra esistano cliché, tranne quello della potenza evocativa. Voi cosa ne pensate? Trovate che la vostra musica nasca più “dal cuore” o “dalla testa”?

 

A: Parlo per me: è l’insieme delle due cose. Le conoscenze aiutano a non cadere nel tranello del fare qualcosa di già “sentito”, la mia testa allontana immediatamente, come se si accendesse una piccola luce, qualsiasi cosa mi rimandi ai miei ascolti. Il cuore parte, sono molto istintiva nella creazione delle linee vocali e raramente ascolto prima le musiche. Mi lascio guidare, non so esattamente da cosa: da tante, troppe emozioni. Incido, passo subito al controcanto senza riascoltare. A volte questo diventa la linea principale, dopo c’è il lavoro di assemblaggio di infinite improvvisazioni: scelgo e scarto senza indugio. Sembrerebbe un processo piuttosto veloce ma ogni pezzo ha avuto la necessità di arrangiamenti sempre complicati. E' come partorire con naturalezza e poi imparare a far la madre!
M: Come per qualunque altra forma d’arte, anche nella musica il processo di sperimentazione sfocia nella definizione di modelli di riferimento, che evolve poi in una successiva fase di esaltazione manieristica di tali modelli. Non c’è quindi da stupirsi se alcuni esponenti del genere dark si sono limitati alla riproduzione di ormai noti e standardizzati codici formali, e alla ripetizione di una “verificata” qualità formale. Il dark è un movimento maturo, pertanto tali codici formali sono ben noti; la scelta di utilizzarli, in tutto o in parte, è un processo che riguarda esclusivamente l’artista. Personalmente, è sempre difficile fornire una descrizione del processo che porta alla creazione di un’opera. Esiste sicuramente una forte componente istintiva ed emozionale, ma “Dies Irae” è complesso per composizione, struttura e arrangiamento dei pezzi, e ha richiesto una lunga fase di preparazione e studio.

 

 

Ma quanto è corretto, in realtà, “limitare” alla definizione di dark (o dark-wave) uno stile (e il vostro album ne è di per sé perfetta dimostrazione) che incarna elementi di incredibile varietà e differenza storico-stilistica tra loro? Voi riconoscete sotto questa definizione la vostra opera?

 

Purtroppo la classificazione è un’operazione necessaria, non per l’artista, ma, in generale, per il fruitore di un’opera, di qualunque tipo essa sia. Nel nostro caso, il disco viene spesso inserito nel filone della dark-wave neoclassica. Siamo riusciti però nell’intento di superare le barriere stilistiche. La nostra musica piace anche a persone che normalmente non ascoltano il nostro genere musicale.

 

 

Provate a descrivere il vostro stile, al di là di etichette e definizioni, per come voi lo percepite e per ciò che vorreste percepissero coloro che vi ascoltano.

 

E’ sicuramente un album cupo, probabilmente il più oscuro della Projekt - come qualche critico ha suggerito. E’ sicuramente un disco che entra nelle viscere e lacera l'anima. Vorremmo però lasciare ad ogni ascoltatore la totale libertà di ascolto e di percezione. Come consiglio, per apprezzare totalmente “Dies Irae” è necessario un ascolto completo, nella sua interezza, senza interruzioni e distrazioni. Ed è un disco che ha bisogno di tempo e attenzione per essere apprezzato nella sua complessità. Per i più curiosi, possiamo inoltre consigliare un ascolto con il testo a fronte e la sua traduzione. I testi assumono un’importanza fondamentale nell’opera e per tale motivo, abbiamo pensato di creare una sezione del nostro sito nella quale leggere i testi dei brani in latino, e consultare le traduzioni in inglese e italiano.

 

 

Da quel che traspare dal destino di quasi tutte le band nostrane avvicinatesi al movimento dark-wave, in Italia questo genere di musica non ottiene lo stesso riscontro che pare avere, per esempio, in Inghilterra, negli Stati Uniti o nel Nord Europa. Cosa ne pensate? E, se concordate, quali credete siano le ragioni?

 

Quando abbiamo concepito “Dies Irae” eravamo interessati essenzialmente a creare musica che ci piacesse, senza influenze esterne, e che fosse per noi qualitativamente valida a livello mondiale, e non quindi relegata in una realtà geografica circoscritta quale un’isola o una nazione. E, a un anno di distanza, siamo fieri di affermare che “Dies Irae” è stato accolto favorevolmente da pubblico e critica a livello mondiale. Il pubblico italiano si dimostra in generale scarsamente ricettivo verso progetti differenti da quelli proposti dal mercato mainstream. E le nuove generazioni sono poco attente e curiose. Non conosciamo esattamente quali siano le ragioni, ne abbiamo parlato spesso tra di noi: ma vivendo in un’isola, possiamo solo osservare il fenomeno dall’interno di una scena “alternativa” molto limitata.

 

 

So che questa domanda è cotta e stracotta ma nella vita quotidiana (la domanda è a risposta individuale), cosa ascoltate di solito?

 

A: Ascolto veramente di tutto. Amo profondamente i Cocteau Twins, i Dead Can Dance, i Tindersticks, Tim e Jeff Buckley, Mazzy Star, Ennio Morricone, Arvo Pärt, Madredeus, Hector Zazou, Portishead, Cranes, Blonde Redhead, Sufjan Stevens, i Radiohead, la nostra Cristina Donà, gli a-Ha… Non so, ascolto e mi innamoro della musica!
M: Ultimamente i miei ascolti sono più limitati, e sono più concentrato verso musiche di compositori quali Arvo Pärt, Giacinto Scelsi, Alfred Schnittke o Vyacheslav Ovchinnikov per citare alcuni esempi.

 

 

Attualmente a cosa vi state dedicando? E' previsto l'arrivo di qualcosa di nuovo, sia sul fronte live che su quello discografico?

 

A: Sto scrivendo i testi per il mio disco solista, ne ho una forte esigenza. Non so ancora cosa farò e non mi pongo alcun problema, ma desidero farlo da anni. In più quest’ inverno mi esibirò dal vivo, ma forse è un po’ presto per parlarne.
M: Io sono in una fase di quiete.

 

 

In conclusione, mi pareva bello ricordare una persona a voi molto cara e di grande importanza nella realizzazione di "Dies Irae", che oggi purtroppo non può essere con voi a rispondere. Credo che abbiate capito a chi mi stia riferendo...

 

A: Sì, Barbara, mia sorella. Grazie, il mio è un dolore costante. Lei è dentro di me, sempre.

 

 

 

 

 

[BACK]